Arianna – La fame
Arianna ha il ventre gonfio. Mangia tanto. Il cibo è ormai l’ultimo piacere rimasto.
Eppure, per lei, mangiare e sfamare non sono mai stati solo bisogni: erano un linguaggio. Un modo per comunicare, sottomettere, sfidare, chiedere scusa, perdonare. Il cibo era parola.
Ora non cucina più. Non sa più esprimersi. È diventata muta, comesvuotata.
Eppure è ancora una madre. Anche se non può più sfamare nessuno.
Ha due figli. Una figlia, che lei ha nominato “madre” sin dall’inizio. E un figlio che non vuole più essere figlio.
Lei, quel figlio, vorrebbe ancora nutrirlo. Vorrebbe colmare i vuoti, riparare ciò che non ha saputo dare, o fare.
Dalla figlia, invece, si aspetta solo una cosa: essere cibata.
Il figlio viene a trovarla solo per pochi minuti. Nessun bacio.Nessuna carezza. Nessun regalo. Nemmeno una piccola cosa da sgranocchiare.
Così lei ha sempre più fame. Mangia perché qualcuno manca. Mangia per dirsi da sola ciò che vorrebbe sentire.
Mangia molto ma non si sfama

Ada – La parrucchiera
Ada ha 86 anni, si tinge i capelli da sola.
Si siede sulle panchine della zona popolare, vicino a quelle palazzine sociali dove l’Italia perde un po’ del suo stile borghese e lotta tra i sacchi della raccolta differenziata.
Mangia da sola un panino asciutto, mastica a fatica. Passa il tempo a cucire, forse anche a scucire, una Penelope consumata senza Ulisse.
Era una parrucchiera, aveva una bella clientela.
Vive al quarto piano, sola. Non si è mai sposata.
Oggi, non sposarsi può sembrare una scelta di libertà, ma allora era solo l’ennesimo sacrificio femminile.
I figli maschi non si toccano.
Così, la minuta parrucchiera ha dovuto chiudere bottega per dedicarsi alla vecchiaia della madre
Ma nessuno farà per lei un sacrificio simile. Nessuno spenderà con lei nemmeno un paio d’ore. Quasi si ingozza, il panino diventa troppo sapido.
Mortadella, formaggio svizzero e lacrime salate.
Mi ringrazia per aver chiacchierato con lei.
Ci congediamo con una frase in bocca,
la stessa:
Siamo tutti soli